L’immagine in home page è di Amina BenAbdallah l’immagine della testata è di Stefano Montani.
CAMPUS PANPERDUTO anno 2022
(Map)Panperduto
La diga del Panperduto sul Ticino e il suo sistema di canalizzazione sono un gioiello di idraulica industriale che è divenuta simbolo del patrimonio storico, ambientale e culturale del varesotto. Progettata da Eugenio Villoresi, e rimasta sostanzialmente immutata dalla sua messa in funzione, venne inaugurata nel 1884 per favorire l’economia agricola e successivamente anche quella industriale. L’imponente snodo idraulico ha trasformato il territorio e le attività ad esso collegate risultando uno straordinario esempio di creazione di paesaggio.
Il nome dato a questi seminari vuole esplicitare il tipo di metodo e approccio fotografico con cui abbiamo svolto questo lavoro. Il mappare è un processo di raccolta di fenomeni geografici e culturali che nella prima edizione di questi laboratori didattici si è espresso attraverso tre tematiche che sono risultate comuni nelle progettualità dei partecipanti: uomo, sogno, percorsi.
Il progetto di ricerca è concepito per avere una durata di due anni, tempo che abbiamo ritento congruo per permettere sia una documentazione seria ed impegnata atta a favorire la creazione di relazioni nel territorio, sia al fine di intentare e perseguire un’esperienza formativa e di conoscenza che unisca il lato teorico-pratico della fotografia.
L’acqua, in questi luoghi, è l’elemento naturale sempre presente che assume mille valenze e che crea situazioni e realtà quotidiane particolari. Tutto ciò avviene grazie all’elegante ed importante presenza della diga e del sofisticato sistema di canali che intersecano il territorio e che sembrano specchiare le traiettorie degli aerei diretti e in partenza da Malpensa e che pressoché costantemente solcano il cielo sovrastante. Dal territorio pedemontano che osserviamo vediamo l’arco alpino dove maestoso svetta il Monte Rosa; ma il nostro ambito di lettura si estende però dalle aree limitrofe la diga del Panperduto, fino a giungere al lago Maggiore lì dove il Ticino riprende il suo corso non lacustre. Con “uomo” abbiamo identificato i progetti degli studenti che hanno privilegiato il paesaggio umano e antropizzato. Le esatte fotografie in bianco e nero di Francesca Bertelli mostrano l’elegante solennità dell’opera idraulica e del secolare rapporto – tra fissità e movimento – che essa intrattiene con l’acqua, Martina Carbonelli ha lavorato al lago di pesca sportiva denominato dei Gabbiani.
Le sue immagini a colori schiette e realiste sono sonore, pervase come sono dei discorsi che gli ospiti così diversi che questo luogo accoglie tengono e delle attività che lì vi svolgono. Marta Gabriele ha cercato relazioni fra acqua ed elettricità quale sfondo per documentare il territorio, mentre Filippo Meschio ha rinvenuto oggetti che rilevano attraverso l’assenza delle persone proprio la loro presenza, Sara Cerrato si è concentrata sul sentiero europeo E1 nella sua parte ciclabile percorrendolo fino a Sesto Calende.
“Sogno” è il nome della seconda sezione di questo volume dove Matteo Simoncelli trova e crea atmosfere paesaggistiche serene e luminose che al contempo trasmettono talvolta un senso di ambiguità e altre di inquietudine. Sebbene con stile diverso, anche le foto di Mario Fragnito, rivolgendosi a luoghi che sono teatro di tristi e oscuri fatti di cronaca, trasmettono tensione ed oppressione. Luca Consonni ha ritagliato in forma quadrata strati superficiali di acqua analizzando forme e colori, mentre Gabriele Donati ha voluto descrivere una tensione tipica che pervade le zone lacustri: la calma spesso nasconde tumulti che solo talvolta affiorano, Cataldo Lucchese ha fotografato la notte rinvenendo forme nuove e colorate che nel buio e dal buio appaiono, talvolta illuminate dal flash altre dalla luce artificiale.
Il tema “percorsi” chiude la nostra triarticolazione, individua traiettorie e cammini ed abbraccia le inquadrature delle videocamere di sorveglianza sparse nel territorio realizzate da Marco Bulgheroni, gli scorci di borghi e luoghi silenziosi di Camilla Salvi, l’apparente statica calma del fiume Ticino che diviene a tratti indomita di Francesco Bonini e le presenze armoniche che tagliano il paesaggio di Ginevra Diparodi. Segni presenti ma visibili, oggetti dimenticati e i silenzi del paesaggio sono i soggetti delle fotografie di luoghi di Guido Piazza. Matteo Paone ha guardato l’abitare dentro gli spazi di un complesso di costruzioni abbandonate, mentre in luoghi aperti Roberta Mangone ha cercato e trovato forme grafiche e linee, Stefano Montani ha invece fotografato il paesaggio in maniera vedutistica percorrendo e inquadrando gentilmente architetture, infrastrutture e elementi naturali quali costellazioni di un territorio fortemente antropizzato che dall’acqua del Ticino trae ispirazione.
Ulteriore finalità di questi seminari è la creazione di una progettualità condivisa composta dalle individualità, dalle caratteristiche e qualità di ciascun partecipante. Insieme realizziamo un’esperienza formativa composta di parole e immagini e che mira ad un approfondimento della conoscenza delle pratiche e delle teorie che riguardano l’arte fotografica.
Giorgio Barrera
CAMPUS PANPERDUTO anno 2023
(Map)Panperduto
Come auspicato l’anno passato siamo tornati a fotografare il territorio che circonda la diga del Panperduto e il sistema di canalizzazione delle acque del Ticino.
Abbiamo continuato a vedere, osservare e muoverci intorno a questa esemplare infrastruttura idraulica che è divenuta simbolo tecnologico del patrimonio storico, ambientale e culturale del varesotto e che ha plasmato e trasformato il territorio, indirizzando e sviluppando attività imprenditoriali e risultando così uno evidente mezzo di creazione di paesaggio.
Il nome dato a questi seminari vuole esplicitare il tipo di metodo e approccio fotografico con cui abbiamo svolto questo lavoro. Il mappare è un processo di raccolta di fenomeni geografici e culturali che in questi laboratori didattici si è espresso attraverso tre ambiti tematici che hanno attraversato le progettualità dei partecipanti: persone, temporaneo, dentro.
Durante questo secondo seminario siamo riusciti ad entrare più approfonditamente nei luoghi stringendo rapporti con gli abitanti. Diversi progetti hanno riguardato l’aeroporto di Malpensa che è stato percepito come una presenza invasiva: anch’essa, a suo modo, come è stato per l’opera di gestione e controllo delle acque, ha avuto ricadute sul sistema economico, abitativo e paesaggistico del territorio. Non ci siamo comunque dimenticati di analizzare, documentandolo con diversi linguaggi e ricerche, l’ambiente naturale che, caratterizzato dall’onnipresenza dell’acqua, ospita anche manufatti e persone che lo arredano e lo vivono sia per portare avanti le proprie attività lavorative, sia per il tempo libero. Anche quest’anno abbiamo unito il progetto fotografico condiviso, composto da una pluralità di riflessioni e sguardi sul territorio, ad un’esperienza formativa e di conoscenza che affianca sia il lato pratico, sia teorico della fotografia e lo abbiamo suddiviso in tre categorie: persone, temporaneo, dentro. In “persone” abbiamo individuato i progetti che hanno privilegiato il ritratto e l’incontro con i passanti e gli abitanti. Le immagini di ritratto ambientato di Francesca Ricca ritraggono con spontaneità soggetti di tutte le età nelle proprie realtà, ad esempio durante il lavoro, la pesca o una passeggiata, Elisa Molteni ha realizzato un progetto particolare e sofisticato raggiungendo gli abitanti di Golasecca nelle loro abitazioni costituendo relazioni con il paesaggio.
Sempre a Golasecca, Letizia Parmiggiani ha recuperato immagini di archivio presso la biblioteca comunale e ha creato legami con i volti e i luoghi vissuti degli abitanti di oggi, Alice Valloggia giunta sulla spiaggia del Fogador ha trovato e fotografato per diversi giorni un gruppo di persone che da anni si prendono cura di questo luogo rigenerandolo.
“Temporaneo” vuole sottolineare il divenire delle cose che attraversano il territorio. Alessia Pardo si è concentrata su un’area intorno all’aeroporto di Malpensa investigando luoghi creati per il traffico e la sosta di persone e cose, Federica Casetta ha intravisto nei piccoli depositi, costruzioni, capanne e resedi che costellano il territorio un simbolo di precarietà, Federico Ferrario ha camminato a lungo sulle sponde del Ticino documentandolo immerso nella sua caratteristica luce autunnale, Francesco Grassi e Alessandro Di Palma hanno passato la settimana insieme a due pastori e al loro gregge: il primo, nell’attesa che iniziasse la transumanza ha realizzato un bel reportage di momenti dello stazionamento in un pascolo mentre, il secondo ha evidenziato elementi di ritualità e cura verso l’animale utilizzando un linguaggio intimo e simbolico. Gabriele Carnovali ha fotografato un’insolita consuetudine che riprende persone, che vestite degli abiti dello spettatore, si ritrovano appena oltre la linea di recinzione dell’aeroporto a guardare gli arrivi e le partenze degli aerei, Sami Lauziere si è invece dedicato a riprendere l’intricato reticolo di strade e superstrade che permettono la circolazione intorno al hub intercontinentale, mentre Veronica Criscuolo si è occupata di Case Nuove una frazione di circa trecento abitanti semi abbandonata a causa della vicinanza all’aeroporto e adesso caratterizzata dalla presenza di alberghi.
Infine, “dentro” al quale abbiamo attribuito il significato di cercare il lato anatomico del territorio. Le fotografie di Vittoria Pagliaro guardano alla vita nell’invaso antistante la diga e mirano a mettere in parallelo la dimensione subacquea con l’idea di creazione e riproduzione, quelle di Amina BenAbdallah attraverso il mosso ci mostrano la vegetazione dei luoghi secondo una nuova estetica, le immagini di Riham Tumminello, che al Panperduto ha trovato luoghi dove fermarsi a meditare, mostrano luoghi che necessitano di essere preservati per permettergli di infondere il loro proprio essere, Elisa Pellizzoni, ha lavorato sui sentieri e ha creato un progetto seriale sul territorio boschivo percorrendo traiettorie e giungendo talvolta in luoghi senza sbocco, Giulia Gasparini ha realizzato un progetto su Coarezza, un borgo che si è adattato a spartire la propria tranquillità con l’ingombrante e continua presenza di una fabbrica evidenziando così la necessità di far convivere passato e presente.
Giorgio Barrera