Nuovi scenari alpini

Estratto della relazione critica e della presentazione dei progetti realizzati al Convegno tenutosi nella sala congressi del Comune di Saint-Vincent

 

Esiste una tendenza a guardare al paesaggio come qualcosa di perduto.
Come se la natura o la naturalità fosse per sempre compromessa. In questo progetto non ci siamo assolutamente mossi in questa direzione ma abbiamo assecondato il divenire, la trasformazione. Forse possiamo dire che abbiamo sin dall’inizio cercato un dialogo con il territorio proprio nel senso di ascolto e di trasmissione orale, lo dimostrano infatti la serie di interventi introduttivi che abbiamo con piacere seguito prima di dare inizio alla campagna fotografica vera e propria.

Una delle considerazioni che è importante e rilevante fare è proprio la distinzione per certi versi errata fra naturale ed artificiale. Come se la prima fosse buona e la seconda cattiva. Come se la prima fosse vera e l’altra falsa. Come se la prima appartenesse al divino (se vogliamo usare questo termine) e l’altra all’umano. Per quanto mi riguarda occorre rendersi conto o rassegnarsi all’idea che l’uomo è parte della natura e che quindi occorre gestire al meglio questa condizione, questo rapporto al quale non possiamo sottrarci. A me pare di poter stabilire o definire, per entrare nella condizione di essere, esistere – nel senso di farne parte anche attiva – all’interno della trasformazione del territorio, una equazione. Vero + falso = realtà.
Questa equazione vale anche proprio per approcciare criticamente l’apporto che una fotografia può dare allo studio del territorio.
Altra considerazione da farsi è quella di immaginare il territorio, il mondo per parlare in termini più globali, come un corpo. Cioè come un essere vivente, qualcosa che è vivo. Una sorta di organismo con cui viviamo e in cui viviamo. Guardare al territorio in questo senso lo avvicina a essere umano, qualcosa che appartiene cioè alla nostra stessa specie e che perciò normalmente tendiamo di preservare e garantire una sorta di libertà di vivere.

Le fotografie che vedete non devono essere considerate come fatti isolati. Nessun fatto o avvenimento può essere considerato tale anzi, dipendente e concatenato a una serie di altri fatti e circostanze che ne hanno permesso l’evidenza e presenza.

 

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© Maria Gabriella Porta

Maria Gabriella Porta ha operato una riflessione sulle attività dell’uomo all’interno del paesaggio contemporaneo segnalando come l’antropizzazione e i suoi costrutti possano favorire e facilitare la scoperta dei luoghi e il vivere quotidiano.

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© Valter Iannetti

Valter Iannetti ha lavorato soprattutto nella zona di Cervinia, sia nel centro abitato che in quota. Si è mosso anche alla ricerca di tracce ed informazioni di un suo zio che a Cervinia era stato durante la seconda guerra mondiale. Dai suoi sopralluoghi risulta che la conca del Cervino appare quasi come una particolare estensione urbana dell’abitato di Breuil- Cervinia. Un reticolo di strade e infrastrutture che nella stagione estiva si rivela e mostra le innumerevoli attività che vi si svolgono.

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© Franco Zanin

Franco Zanin Ha scelto di lavorare su tutti e tre temi proposti ispirato sia dalle sollecitazioni ricevute nel corso degli incontri che hanno preceduto il lavoro fotografico, sia dagli elementi cosiddetti artificiali che caratterizzano il paesaggio e dalle sue esperienze personali (ha infatti insegnato due anni a Torgnon).
Le vecchie scuole di villaggio e il tema delle seconde case del comune di Torgnon e la centrale elettrica di Covalou.

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© Francesca Alti

Francesca Alti affronta il tema del vivere e abitare la montagna partendo dalla consapevolezza di essere in un territorio ricco di risorse. La sua ricerca fotografica vuole mostrare quanto sia importante valorizzare quanto già esiste. Il suo lavoro è quindi un invito a rispettare e valorizzare il territorio e le sue tradizioni.

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© Isabella Sassi Farias

Isabella Sassi Farias si è concentrata sul tema delle seconde case attraversando i comuni di Antey, Cervinia Breuil, Chamois, La Magdeleine e Torgnon focalizzandosi sulle facciate e i contesti abitativi. Ha realizzato inoltre una serie di ritratti di persone residenti e di passaggio, mostrando i volti di chi vive questi luoghi.

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© Alessandro Guida

Alessandro Guida Si è concentrato sulle attività produttive di Donnas che negli ultimi decenni sono drasticamente diminuite e su uno studio topografico della zona circostante il paese percorrendo l’espansione urbana del paese fino alle pendici dei monti evidenziando le diverse tipologie di fabbricati. Ha rivolto la sua attenzione verso la meccanizzazione della montagna e alla complessità di abitarla convivendo e combattendo quotidianamente con l’aleatorietà della sua natura.

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© Davide Curatola Soprana

Davide Curatola Soprana La ricerca di Davide si è rivolta soprattutto verso i centri abitati di La Madgeleine, Chamois, Suis in quota e Antey a fondo valle e le loro vie di comunicazione. In particolare ha investigato e fotografato la relazione tra costruito, natura e uso dello spazio lungo le differenti “strade” di connessione del territorio considerato.

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© Giorgio Barrera

Giorgio Barrera mi sono concentrato sugli aspetti del vivere la montagna sia inserendo nelle fotografie la figura umana sia evidenziando i segni minimi e transitori che permettono le attività che qui si svolgono.

(…/…) Un’altra grande capacità della fotografia è quella di indicare.
L’indice è, quindi, secondo Charles S. Peirce un segno che è realmente connesso con l’oggetto: «Le fotografie, specialmente le istantanee, sono molto istruttive, perché? sappiamo che esse sono per certi aspetti esattamente uguali agli oggetti che esse rappresentano. Ma questa rassomiglianza e? dovuta al fatto che le fotografie sono state prodotte in condizioni tali che esse erano fisicamente costrette a corrispondere punto per punto all’oggetto in natura. Sotto questo aspetto, dunque, esse appartengono alla seconda classe dei segni: quelli per connessione fisica». (Peirce, 1895, CP 2.281, “What is a Sign?”, trad. it. in Opere, p. 166).
Secondo Peirce, dunque, la fotografia appartiene alla categoria degli indici, cioè di quei segni che devono la loro esistenza al fatto «d’essere realmente impressionati dal proprio oggetto» per effetto di una relazione fisica.
Punto per punto la realtà tridimensionale si trasferisce su un supporto bidimensionale che viene sottratta al fluire del tempo ma anche di tutti gli altri sensi che possediamo a parte la vista. L’eliminazione delle altre nostre facoltà percettive e del tempo fa sì che possiamo concentrarci su ciò che c’è nell’immagine per considerarla come un documento, un materiale se vogliamo “grezzo” che è utilizzabile per molteplici valutazioni ed interpretazioni.
Infatti tutta questa campagna è proprio un lavoro del territorio che è nata da una connessione fisica. Non è un algoritmo che decide cosa mostrarci quando siamo all’interno di un social network, non è una telecamera di controllo che guarda un solo punto senza potersi mai spostare, ma è proprio un insieme di sguardi critico. Dove critico assume principalmente il significato di essere una interpretazione che cerca di combinare la soggettività dello sguardo con l’oggettività della rappresentazione.

Photography provides a visual documentation; it can even go further and research beyond the limits of a pure description of the reality, because it observes the socio-economic changes and the territorial dynamics, trying to encourage a re ection of the current trends.
The regional context of Valle d’Aosta seemed particularly appropriate for this experimental investigation due to its peculiar identity: a territory of great attractivity, rich in architectural, cultural and landscape resources, yet extremely fragile and exposed to an extraordinary metamorphosis.
A territory that has been periodicallY invested with works and major interventions that have radically and deeply transformed it, leaving signs on the landscape. Along the bottom of the valley, the railway line arrived at the end of the XIX century, followed by the the industrial development along the banks of the Dora Baltea river. In the thirties of the last century, the construction of large power plants including Maen (Valtournenche), Covalou (Antey-Saint- André), Châtillon and many others, up to the power plant of Grand Vert in the town of Donnas.

A spectacular building expansion and the construction of important infrastructures, including the large asphalt strip of the highway connecting Quincinetto to Aosta, and the many roads that have made accessible the small villages and high mountain pastures, which all date back only to a few decades ago.

Not only that, the ’80s have also witnessed a great acceleration in the development of the large winter districts, as the well-known ski-resort of Cervinia but also the touristic offer in the small towns of Valtournenche and Torgnon.

 

THE OUTCOMES
The results of the workshop were presented during a public event on Sunday September 2nd which took place at the Saint-Vincent Municipal Convention Center.
The event saw the participation of the municipalities involved and was an opportunity for a public debate that brought together experts from different disciplines including: the archaeologist Mauro Cortelazzo, the anthropologist Oscar Torretta, the architect Luciano Bonetti and Antonio De Rossi, architect, professor of architecture
and urban design and director of the Research Institute for Alpine Architecture, at the Politecnico di Torino.

Viviana Rubbo