“Aspettavo la telefonata da Milano, ma la telefonata non arrivava ed andai così al cinema con amici. Ero molto agitata e tremavo tutta, non riuscivo a vedere il film e sentivo come se piovesse. Dentro il cinema sentivo piovere. Lo chiesi anche alla mia amica. Stavo male. Quando è terminato il film mi hanno accompagnato all’albergo, c’era tanta gente, mi si avvicinò un comandante: “un piccolo incidente”. No gli dissi io: “Enrico è morto.” non so, ero in un tale shock: non sono riuscita a piangere, rimasi paralizzata.
Il ricordo più bello che ho? A lui io penso sempre.”
Greta Paulas, moglie di Enrico Mattei, intervistata da Sergio Zavoli
Perché Enrico Mattei?
Perché gli effetti della sua uccisione li viviamo ancora adesso. All’avvio dei processi di decolonizzazione che mettevano in discussione gli imperi delle potenze occidentali Mattei aveva capito che occorreva assecondare l’autodeterminazione dei paesi del Nord Africa e del Medio Oriente. Mattei portava avanti una politica terzomondista che aveva il fine di emancipare i Paesi più poveri per portarli ad un piano culturale ed economico paritetico. Lavorava perciò per creare un sistema di condivisione di cultura e conoscenza che avrebbe avuto luogo in un ambiente confortevole di scambi di relazioni e di mercati nel bacino del Mediterraneo. Diceva La Pira che ai popoli occorre lasciare la possibilità di poter sviluppare le proprie direzioni, se gli si oppone resistenza si innestano processi criminali e di marcescenza. Di ciò vediamo gli effetti coi nostri occhi di spettatori assuefatti ad un racconto della storia e del presente che nasconde le verità.
Mattei è una figura messa da parte e talvolta rozzamente dipinta in maniera assolutamente strumentale, spesso demonizzata dalla politica e dal giornalismo. L’episodio della morte di Mattei anche quando inserita in un contesto internazionale è il primo momento, l’avviso di un globale cambiamento di potere e per quanto riguarda il nostro Paese il primo episodio di quelli che furono definiti “anni di piombo o strategia della tensione”.
Questa ricerca nasce da un mio generale interesse per l’iconografia dell’informazione giornalistica degli anni ‘60 e ‘70 e da due incontri: la visione della copertina de La Domenica del Corriere dell’11 novembre 1962 e la lettura del libro di Pier Paolo Pasolini, Petrolio.
La realistica e per me dialettica illustrazione utilizzata per quella copertina crea un immaginario attraverso una fantasiosa traduzione della scomparsa di Enrico Mattei. Il suo realismo mi ha portato a leggerla in termini fotografici. Immortalati, cioè bloccati nel tempo infinito che è proprio della fotografia, Mattei, il suo pilota Bertuzzi e il giornalista McHale, sono disegnati da Walter Molino nell’atto di precipitare: ma ora sappiamo per certo che l’aereo di Mattei scoppiò in volo.
Questo frammento visivo è dunque il fenomeno originario della storia, il punto sorgente dal quale sono partito per fare rivivere alcuni lati della vita e della persona di Enrico Mattei. É una immagine improvvisa che irrompe e interrompe il flusso della storia. Un momento apparentemente evenemenziale il cui linguaggio illumina il passato e mostra il futuro facendo (ri)brillare una costellazione di eventi.
Petrolio è un intreccio di appunti sul potere, è un romanzo ricco di grovigli, di trame e di intrighi.
Le visioni di Pasolini costituiscono la ricerca di altre forme di rappresentazione e di analisi del potere e di una forma di verità del reale. Da Petrolio e da Pasolini ho sottratto il concetto di visione come forma di analisi e come necessità di creare una nuova iconografia per mostrare un possibile reale. ho lavorato quindi con la consapevolezza che il nostro reale è già realismo della realtà perché è largamente pervaso di illusorietà.
Come scrive Gadamer ne “L’attualità del bello”: “L’Artista moderno è molto meno creatore di quanto sia invece scopritore di alcunché di non visto, inventore di qualcosa che non è mai esistito e che per suo tramite penetra nella realtà dell’essere.”
Il memoriale di Porcinai
Il Memoriale può essere individuato come il luogo del delitto, il luogo cioè dove da sempre si ricavano indizi e prove. Io, in particolare, vi ho creato visioni con le quali manifesto un’altra o nuova dimensione iconografica per mezzo di nuovi documenti talvolta totalmente immaginari e ma anche possibili e plausibili. Le mie sono registrazioni di eventi forse mai avvenuti che hanno la presunzione di essere aderenti alla realtà, che desiderano e aspirano ad essere realtà. Sono anche evocazioni che prendono vita attraverso riflessioni sul luogo e
sulla figura di Mattei. Di fondo ho creato delle tracce che non c’erano perchè per molti di questi eventi non esistono stampe o immagini. Ho creato un’inchiesta iconografica che reintroducesse nel presente la figura di un uomo la cui immagine era stata come sottratta alla storia. Infatti questo lavoro è una ricostruzione variegata sulla memoria di un personaggio diretta a risemantizzarne la figura. Risegnalarla e risignificarla poeticamente per mezzo di una nuova, più giusta, e a mio avviso anche più reale, iconografia.
Ricostruire la storia
Ogni volta che vogliamo provare a ricostruire la Storia non possiamo non riflettere su una qualche relazione che esiste tra la visibilità e l’invisibilità. Non potendo essere fisicamente presenti nel passato, non potendolo perciò osservare con i nostri occhi è inevitabile che si debba riflettere su concetti quali la presentificazione e la sottrazione, il sapere e l’immaginazione. Date per certe queste condizioni, come possiamo ricostituire un’evidenza iconica di ciò che è storico? Se non vogliamo solo cercare negli archivi, come parliamo di una figura così storicamente rilevante con gli strumenti di visione, comunicazione di questo contesto storico? Proprio su questi interrogativi ho ricercato modalità di produzione artistiche che rendessero attuali i pensieri e il “personaggio” Enrico Mattei.
Il lavoro, nasce all’interno del Memoriale che considero essere la scena del delitto dal quale recuperare prove e che sono divenute, nel tempo della mia ricerca le ricostruzioni di visioni, parole e situazioni possibili che sono serviti a restituire in termini artistici la complicata vicenda Mattei.
In altre parole ad un certo punto della ricerca mi sono reso conto che c’era qualcosa prima dell’immagine e così dalle varie tracce che via via rinvenivo, per dirla nelle parole di Derrida: “occorre concentrarsi anche sull’analisi delle “tracce” lasciate da ciò che esisteva prima delle immagini in forma non iconica, virtuale o latente, e che in seguito hanno subito un processo di “Bildgebung”, di configurazione in forma di immagine.”
Secondo me, nella complessa e insaziabile ricerca di una certa forma di verità, prima delle immagini esistono il tempo e l’oralità: quest’ultima è la traccia forse apparentemente più labile ma che, essendo suono entra indelebilmente in sintonia con l’essere umano. Una sorta di fono-sintesi. Per questo motivo ho deciso di procedere nella scrittura di un testo teatrale che coesistesse con le immagini che – nella mia ricerca – lo hanno preceduto aiutandomi a scriverlo.
Laurent non ha volto, non ha corpo.
in un certo modo
è soprannaturale
immagine fantastica
esiste nelle parole nei pensieri, leggenda
vive nelle pellicole e nelle immagini, invenzione
non è giudicabile.
Non sappiamo se sei davvero esistito Laurent,
e se lo sei, di te non sappiamo molto
nemmeno di cosa poi è stato
Sei tu che hai messo la bomba Laurent?
– il Bertuzzi si assentò venti minuti, Laurent –
se è così anche tu sei artefice
della distruzione di una visione ispirata e progressista.
Laurent, quell’uomo aveva un grande senso civico,
era un ribelle ma lottava per la giustizia
le sue azioni erano atti di rivolta
lottava anche per la tua libertà
Laurent
Laurent, quest’uomo era una delle energie migliori che esistevano
LAURENT, LAURENT
LAURENT?
Cosa fai anche tu qui Laurent?
Laurent,
perché l’hai fatto Laurent?
ti hanno costretto?
ti hanno pagato?
Laurent,
Pourquoi as tu fait ça?
On t as obligé?
On t as payé?
Ou les deux?
o tutte e due le cose insieme?
se non sei tu è stato un altro.
Si c’est pas toi alors
quelq’un d’autre,
ma tu davvero esisti Laurent?
o sei solo una fantasia? oppure esisti ma il tuo nome vero non è Laurent.
perché sei anche tu qui, nel luogo della memoria
nel giardino che evoca visioni e ricordi
c’eri già stato? Laurent perché sei qui?
rimorso? Appagamento? Semplice curiosità
perché sei qui adesso?
Laurent e se lo sapessero i tuoi figli?
Cosa significa la tua presenza in questo giardino di memoria ?
e rispondi – anche se non sei omicida – per favore a questa domanda:
se sparisce il corpo, sparisce la memoria?
Cosa sparisce? La Storia?
Due
sei
quattro
sei
sei
sei
quattro
quattro
quattro
quattro
5000 pagine,
4000 piedi,
3500 metri,
614 testimoni,
350 immagini,
13 faldoni, 12 consulenze tecniche,
i voti della pagella
il fascicolo del giudice
ma bastarono una telefonata
e cinque secondi per essere schiaffeggiati
dal silenzio
Junia, la figlia del giornalista
de L’ora che sparì, teneva un diario
un diario
che qualcuno temeva
Chi ha il coraggio?
Chi pesta la testa al serpente?
Nell’albugine la verità si offusca.
E’ forse il papa nero
il comandante della grande balena bianca?
I fari nella corsa dell’auto alla sera perforavano
lo spazio della vita nella nebbiolina bassa
come dentro al mare
come luci del cinema nel mondo
come se fosse una finzione
l’inizio della strategia.
Nell’attonita ubriachezza del dramma trasformatore
piovevano gocce piatte sui vetri fragili
ed i tetti lucidi brillavano di città
nelle stanze alte con vista capitale
sorrisi afflitti, abbracci sterili
bocche mogie sui volti aspri di cortesia
si sforzano di realismo
convinte accompagnano mimiche incredule
Purtroppo è proprio lì, dalle terrazze
nelle vedute in ciò che si pensa alto
che la coscienza si perde
e celere tutto modifica e dimentica.
Hotel Eden, dentro la finestra
all’appartamento 301
su una poltrona in simil pelle
con lo sguardo inciso nelle palpebre
lacrime si preparano alle rogge
la rabbia appassirà cheta
si scaverà passaggi sotto l’epidermide
nella clausura mansueta
fra le cancrene di un matrimonio combinato
suoneranno a morte gli organi sofferenti
Cinque secondi
un diario
poi la vita corre diversa
s’intriga e s’affanna di processi
che portano ad occidente
lì dove le verità tramontano e lasciano posto
solo talvolta
alle belle stelle.
“Tutto bene scendiamo” disse il pilota alla torre di controllo.
Fra macerie, brandelli di corpi e rottami
fu trovata intatta la macchina fotografica del giornalista McHale
la sua ultima fotografia dall’aereo quasi un preludio.
Tracce di incendio sulle parti
proiettate lontano
tracce di incendio sulle parti interrate
il serbatoio compresso a fisarmonica
che via vai nel fumo
un uomo
di scuro vestito
con l’ombrello
la gamba del carrello,
stroncata,
la vite sporge dalla madrevite
la testata con parte dello stelo
non si impollina con
le forze dell’urto
Aste e leve retratte
la deformazione della carcassa
non è armonica, stridente
suolo e strappo delle lamiere
una posizione intermedia
nel vuoto e nel pieno
Esame esterno dimensionale
radiografico.
Forzando la posizione di chiusura
nella semi-ala divelta
e nel cingolo scapolare
lembi cutanei
intrisi di carburante
trasbordano nel
traumatismo pluticontunsivo
di enorme intensità
carbonizzazione di pezzi anatomici
depezzamento dei cadaveri
apprezzabile dimensione,
una spalla, un avambraccio
e il laringofono?
In quel pomeriggio dalla luce radente
in un giorno che precede la fine del secolo:
“poiché lei mi chiede
se sono a conoscenza dell’esistenza
di qualche pezzo del velivolo di Mattei
trattenuto come ricordo del defunto
presidente dell’ENI,
voglio farle presente che,
subentrato al Costa,
io ho trovato in ufficio un pezzo del velivolo:
successivamente, dopo lungo tempo,
l’ho portato a casa come ricordo e
oggi glielo consegno perché ritengo
che possa servire più a lei per le indagini
che a me.
Si tratta di uno strumento
a forma cilindrica di colore nero,
sul cui quadrante appaiono
tre lancette danneggiate e le scritte
“Trim Lab”
“Flaps”
“Stabilizer”.
Per anni l’immagine di Enrico Mattei ha occupato pagine e copertine di riviste internazionali, la notizia della sua morte fece velocemente il giro del mondo. Il NYT che spesso aveva ospitato il Mattei nelle sue grandi pagine alcuni giorni dopo la sua scomparsa fece uscire un trafiletto di circa 300 parole. L’articolo è una commemorazione lapidaria che ci mostra il punto di vista dell’attendibile giornalismo americano. Inizia lodando il Mattei e l’Italia per poi proseguire, vestendo i panni del giudice divino del mondo libero, esponendo un mirato disprezzo del suo operare e della sua figura, terminando poi con un epitaffio che lascia senza parole ma che ne può liberare infinite. Questa è una parziale traduzione.
La morte di Enrico Mattei ha rimosso dalla scena italiana e mondiale una figura straordinaria che proveniva da origini umili, from humble beginnings e che attraverso la scoperta di ricchi giacimenti di metano in pianura padana e organizzando importanti fonti di greggio dall’estero ha rivoluzionato la situazione del petrolio e del potere in Italia.
The enormous and rapid growth, L’enorme e rapida crescita economica dell’Italia dalla Seconda Guerra Mondiale deve molto al dinamismo che il signor Mattei ha iniettato nella parte vitale del settore pubblico da lui diretto.
Come ogni grande innovatore, il signor Mattei era una figura molto controversa e aveva molti critici. Ruthless, ambitious and charming Spietato, ambizioso e affascinante, il suo enorme potere economico gli ha permesso di partecipare liberamente al finanziamento dei partiti politici italiani.
There was a question in many minds, C’era una domanda in molte menti ovvero se questo teorico impiegato dello Stato non lo governasse in realtà da dietro le quinte.
His bitter antipathy, La sua aspra antipatia nei confronti delle maggiori compagnie petrolifere internazionali si evidenziò negli in accordi presi con l’Iran e l’Unione Sovietica che erano chiaramente dannosi per gli interessi politici ed economici del mondo libero, detrimental to the interests of the free world.
Insieme a Mattei morirono nell’attentato il suo pilota Irnerio Bertuzzi glorioso aviatore della seconda guerra mondiale e il giornalista americano William Mc Hale. Alla morte del fondatore e primo presidente dell’ENI la magistratura in un groviglio di depistaggi, pressioni politiche, alterazione della realtà, corruzione di testimoni, minacce, attraverso uno svergognato occultamento di prove e di un giornalismo compiacente, concluse velocemente le indagini dichiarando che si era trattato di un incidente dovuto alle cattive condizioni meteorologiche. L’inchiesta fu riaperta però trentatré anni dopo nel 1995 dal giudice Vincenzo Calia che ribaltò nel 2003 la precedente sentenza dimostrando il sabotaggio analizzando i resti del velivolo e di alcuni pezzi di oggetti personali di Mattei ma non riuscendo a risalire ai mandanti perché il procedimento ad un certo punto si arrestò.
Primo di cinque figli Enrico Mattei nasce ad Acqualagna in provincia di Pesaro la sera del 29 aprile 1906, da Antonio Mattei sottufficiale dei Carabinieri e Angela Galbani, casalinga intraprendente. Frequenta le scuole elementari con poco interesse e scarsi risultati.
Mattei giunge a L’Aquila per frequentare la scuola Tecnica superiore ma non vuole studiare così abbandona definitivamente gli studi e dopo una audace fuga a Roma in cerca di sogni e poi finita male, comincia a fare vari lavori come cameriere e garzone rivelandosi svogliato e senza alcuna ambizione.
Nel 1935 fonda l’Industria Chimica Lombarda Grassi e Saponi, con uno stabilimento in via Tartini, nella zona di Dergano a Milano. L’attività necessitava di poca manodopera ma soprattutto funzionava on demand con la felice conseguenza di necessitare di poche scorte di magazzino favorendo grande flessibilità e permettendogli di lavorare con pochi capitali immobilizzati. Mattei precorre i tempi e attua questo modello di business decenni prima che lo facciano gli americani e i giapponesi.
Nel marzo del 1936 sposa a Vienna Margherita Paulas, una ballerina della famosa compagnia Schwartz, da tutti chiamata Greta.
«Moi, en tout cas, je ne veux pas “m’enkyster” dans votre corps économique».
Appunti di Enrico Mattei preparati per il discorso che doveva tenere a Tunisi nella visita del 9 – 10 giugno 1960
Io sono qui per rispondere al vostro appello d’investimenti e per aiutarvi nella lotta contro il sottosviluppo.
Non ho paura della guerra in Algeria.
Non ho paura della decolonizzazione.
Io credo alla decolonizzazione non solo per ragioni morali di dignità umana, ma per ragioni economiche di produttività.
Senza la decolonizzazione non è possibile suscitare nei popoli afroasiatici le energie, l’entusiasmo necessario alla messa in valore dell’Africa e dell’Asia.
Ora le ricchezze dell’Africa e dell’Asia sono immense.
La geografia della fame è una leggenda: è legata solo alla passività, all’inerzia creata dal colonialismo nelle popolazioni autoctone. Faceva comodo al colonialismo incoraggiare la fatalità, la rassegnazione.
Io leggo sempre i vostri discorsi e quello che più mi ha colpito è la lotta contro la fatalità e la rassegnazione.
Ho lottato anch’io contro l’idea fissa che esisteva nel mio Paese: che l’Italia fosse condannata ad essere povera per mancanza di materie prime e di fonti energetiche.
Queste fonti energetiche le ho individuate e le ho messe in valore e ne ho tratto delle materie prime.
Ma, prima di far tutto questo, ho dovuto fare anch’io della de- colonizzazione perché molti settori dell’economia italiana erano colonizzati anzi, direi, che la stessa Italia meridionale era stata colonizzata dal Nord d’Italia!
Il fatto coloniale non è solo politico: è anche, e soprattutto, economico.
Esiste una condizione coloniale quando manca un minimo d’infrastruttura industriale per la trasformazione delle materie prime.
Esiste una condizione coloniale quando il giuoco della domanda e dell’offerta per una materia prima vitale è alterato da una potenza egemonica: anche privata, di monopolio e di oligopolio. Nel settore del petrolio questa potenza egemonico-oligopolistica è il cartello.
Io lotto contro il cartello non solo perché è oligopolistico ma perché è malthusiano, e malthusiano ai danni dei Paesi produttori come ai danni dei Paesi consumatori.
Il cartello è anglosassone, ma io non sono contro il mondo anglosassone. Gli indipendenti americani sono miei amici e hanno molto peso in America e ne avranno ancora di più se ci sarà in America a novembre una amministrazione. Io ho ristabilito la legge della domanda e dell’offerta perché ho tagliato tutti i nodi gordiani, tutte le strozzature («goulots d’étranglement») alla produzione, al trasporto, al raffinaggio, alla distribuzione. Ho visto diminuire la benzina in Italia a 100 lire al litro facendo risparmiare miliardi al consumatore italiano.
Voglio far risparmiare anche gli altri se si associano con me. Associandomi con voi tengo conto che voi avete oggi l’interesse di un Paese consumatore ma domani («inshallah») di un Paese produttore. Il cartello vi può creare una raffineria, ma sarà una ciste («un kyste») nel vostro corpo economico. Non vi farà male ma non vi farà neanche bene.
«Moi, en tout cas, je ne veux pas “m’enkyster” dans votre corps économique».
Io voglio creare qualcosa di più di una raffineria: voglio creare un polo di sviluppo economico nel Sud tunisino.
Voi mi avete chiesto delle pompe di benzina Azienda generale italiana petroli: io vi ho offerto una rete di stazioni di servizio e di motel che vi risolverà il problema turistico.
Voi mi avete chiesto di farvi una raffineria ed io vi offro una industria petrolchimica.
Ma vi offro anche un mercato per l’eccedente della vostra produzione e vi offro soprattutto la parità, la cogestione, la formazione di una élite tecnologica perché non siate il ricevitore passivo di una iniziativa straniera, ma siate soggetto non oggetto di economia.
Io avrò delle critiche in Italia (perché non una raffineria in Sicilia?) e voi subirete delle pressioni angloamericane. Non lasciatevi spaventare. Io non mi sono spaventato; il Marocco non si è spaventato. Non spaventatevi neanche voi.
Il giudice Chinnici, ucciso dalla mafia, scrisse nel suo diario poi reso pubblico, il 14 luglio 1981: «Viene a trovarmi il marchese De Seta; dopo avermi raccontato delle sue vicende con l’avvocato Guarrasi, mi fa presente che costui è intimo amico del senatore Emanuele Macaluso. Mi riferisce che alla galleria d’arte la Tavolozza (il cui proprietario effettivo è Renato Guttuso) si recava spesso il dottor Boris Giuliano (capo della squadra mobile) il quale, in quella sede, parlando con Leonardo Sciascia e qualche altro, si riteneva certo che il responsabile del sequestro De Mauro era proprio il Guarrasi».
De Mauro, giornalista del quotidiano L’Ora (tra l’altro finanziato da Guarrasi) sparì per sempre mentre ricostruiva la vicenda Mattei per il regista Francesco Rosi, morì anche Boris Giuliano proprio mentre era sulle tracce di Guarrasi.
Come per l’attentato a Mattei non è stato possibile risalire ai mandanti perché probabilmente più che identificare nomi precisi occorrerebbe identificare un intricato sistema in continua mutazione e allo stesso tempo rodato da generazioni all’interno degli apparati che è intriso di logiche ed interessi che così distanti da poter essere individuati come un disegno politico.
In questo senso occorrerebbe eliminare il pensiero sulle opposizioni fra schieramenti politici e di governo ed iniziare a immaginare una sorta di partito unico della gestione della cosa pubblica, e sopratutto degli affari di ogni genere a questa connessi.
Gagliano Castelferrato (EN), 27 ottobre 1962
Mattei: «Prima di tutto desidero ringraziarvi di questa calda accoglienza che abbiamo ricevuto, qui, nel vostro paese. Oggi si affacciano alla mia memoria quegli anni che pos-
siamo considerare lontani, dell’immediato dopoguerra, quando nessuno credeva alle reali possibilità del nostro sottosuolo.
«Noi cominciammo una lotta dura, fra l’ostilità di coloro che non credevano a queste possibilità del nostro Paese, poi giungemmo alle scoperte della Valle Padana che hanno rivoluzionato, come diceva poco prima il vostro onorevole Lo Giudice, la Valle Padana e l’Alta Italia.
«Quando chiedemmo di venire in Sicilia, trovammo che non eravamo di moda: allora erano in un momento favorevole tutte le compagnie petrolifere straniere. Io debbo ringraziare la regione siciliana di averci dato tutto quello che in pratica era rimasto, che gli altri non avevano scelto. Volevamo dimostrare anche alla Sicilia quello che potevano veramente fare gli italiani, gli italiani che si rendevano conto di quello che poteva significare questo tipo di progresso per la Sicilia.
«Vennero i nostri primi geologi e gli scienziati, le prime squadre cominciarono il lavoro, svolto tra l’incredulità ed una certa ostilità. Arrivammo al rinvenimento del petrolio di Gela: a Gela oggi sta sorgendo un enorme complesso.
«Il vostro presidente [Giuseppe D’Angelo, N.d.C.] ieri ci ha onorato di una visita e si è reso conto di che cosa si può fare in Sicilia. Il nostro ringraziamento va a tutti i nostri scienziati, ai nostri operai, ai nostri tecnici, a tutti coloro che giornalmente si impegnano nella dura fatica di trovare nelle viscere della vostra terra le ricchezze che vi sono nascoste. Avete visto con quanto impegno ci siamo messi in questa impresa: momenti di attesa, di speranza, di lavoro duro, di polemiche ideologiche contro di noi. Siamo arrivati a scoprire il metano anche a Gagliano: di questo ringraziamo il Signore Iddio, perché gli uomini possono stabilire con i loro mezzi se ci sono le condizioni favorevoli, ma è solo l’aiuto divino che può far arrivare gli uomini a dei successi. Le risorse e le riserve che sono state messe alla luce sono importanti, però probabilmente lo saranno ancora di più perché prosegue il lavoro di ricerca dei nostri tecnici.
«Noi siamo convinti che la vostra terra conserva ancora beni nascosti, perciò noi siamo impegnati con tutti i nostri uomini. Dovete ringraziare veramente il vostro presidente per quello che ha fatto per questo paese, per questa provincia povera. Amici miei, anche io vengo da una provincia povera, da un paese povero come il vostro. Pure oggi c’è qua della nostra gente, io sono marchigiano, quelli sono paesi poverissimi, che viene a lavorare in Sicilia: perché prima di qui, in Alta Italia e nel Centro Italia, abbiamo fatto ricerche minerarie come queste, e quindi abbiamo creato le scuole, abbiamo creato gli uomini che operano in Sicilia e pensiamo di mandare anche siciliani in altre zone d’Italia. Poi, con le riserve che sono state accertate, una grande ricchezza è a disposizione della Sicilia.
«Amici miei, noi non vi porteremo via niente. Tutto quello che è stato trovato, che abbiamo trovato, è della Sicilia, e il nostro sforzo è stato fatto per la Sicilia e per voi.
«Giustamente il vostro presidente diceva che noi non abbiamo nessun profitto personale. È vero: noi lavoriamo per convinzione. Con la convinzione che il nostro Paese, e la Sicilia, e la vostra provincia possano andare verso un maggiore benessere; che ci possa essere lavoro per tutti; e si possa andare verso una maggiore dignità personale e una maggiore libertà.
«Amici miei, io vi dico solo questo: noi ci sentiamo impegnati con voi per quanto c’è da fare in questa terra. Noi non portiamo via il metano; il metano rimane in Sicilia, rimane per le industrie, per tutte le iniziative, per tutto quello che la Sicilia dovrà esprimere».
(Dalla piazza una voce interrompe): «Così si può levare questa miseria di Gagliano».
(Rivolgendosi all’anonimo)
«Amico mio, io non so come lei si chiami, ma anch’io ero un povero come lei; e anch’io ho dovuto emigrare perché il mio paese non mi dava lavoro; sono andato al Nord, e adesso dal Nord stiamo tornando al Sud con tutta l’esperienza acquistata. Noi ci impegniamo con le nostre forze, con le nostre conoscenze, con i nostri uomini, a dare tutto il nostro contributo necessario per lo sviluppo e l’industrializzazione della Sicilia e della vostra provincia.
«Io vi devo chiedere, come ho già chiesto al sindaco, scusa di non essere venuto prima. Ma sono gli impegni che abbiamo in tutto il mondo: ci sono 50.000 persone che oggi operano in questo gruppo; e su 50.000 persone ci sono 1600 ingegneri, 3000 periti industriali e geometri, 2000 dottori in chimica e in economia, 300 geologi, decine di migliaia di specialisti che si muovono in tutto il mondo. E tutto questo porta lavoro, porta responsabilità, porta un grande impegno; ma io conoscevo esattamente la situazione di Gagliano, delle sue riserve, di questo lavoro, delle possibilità che esistono per l’avvenire. Le abbiamo seguite giorno per giorno, con ansia, e qualche volta, molte volte, ne eravamo felici. Ora su questo si deve innestare un successivo lavoro, si devono innestare industrie che dovranno portare in questa zona benessere e ricchezza. Noi ci impegniamo insieme con voi, con tutti.
«Potete contare sulla nostra opera, come avete potuto contare su tutto quanto abbiamo compiuto fino ad oggi senza che ci fosse stato richiesto. L’abbiamo compiuto perché sapevamo, se arrivava il successo, di poter raggiungere dei risultati che cambiano la fisionomia della vostra regione. E noi andremo avanti in questo, seguiteremo il nostro lavoro di ricerca perché più risorse vengano reperite, queste risorse sono tesori.
«I tesori non sono i quintali di monete d’oro, ma le risorse che possono essere messe a disposizione del lavoro umano.
«Amici, desidero ancora ringraziarvi per queste vostre accoglienze che io sapevo mi avreste fatto, ma non così calorose come invece ho trovato, perché so che vi rendete conto dello sforzo che abbiamo compiuto e di ciò che vi portiamo, e quindi fra di noi non poteva esserci che simpatia e fiducia.
«Sapevo che un giorno sarei venuto in mezzo a voi, che voi mi avreste guardato con simpatia e con affetto. Abbiamo discusso, con i vostri rappresentanti, dei vostri problemi, molti dei quali non sono che problemini. Non assorbiremo settanta persone, ma tutti coloro che potrete darmi, tutti, e sarà necessario che tornino molti di quelli che sono andati all’estero perché a Gagliano avremo bisogno anche di loro. Noi non vi porremo dei limiti. Noi vogliamo solo stabilire una collaborazione che duri sempre.
C’è una scuola di qualificazione da fare? Mi darete il vostro contributo indicandomi i corsi che dovranno essere istituiti. Sono piccoli problemi: l’importante è questa enorme massa di risorse che da oggi è messa a disposizione della Sicilia, e sulla quale si potrà e si dovrà costruire, se ci sarà l’impegno di tutti».