LA BATTAGLIA DELLE IMMAGINI
Piccolo manuale di resistenza fotografica
Per tradurre il nostro essere e comprendere le cose del mondo nel corso del tempo abbiamo creato e ci siamo affidati a diverse ideologie, credenze, mezzi e linguaggi che ci hanno aiutato codificare e decodificare ciò che i sensi di cui siamo dotati sono in grado di capire.
Una delle estensioni (per dirla come McLuhan) che continua a esercitare un fascino particolare e a incorporare una certa dose di utilità è il mezzo fotografico. Nonostante l’attualità illusoria e sincronica (ma anche anacronica o anacronistica) che viviamo, la fotografia resiste ancora come una delle possibili forme di traduzione e di presa di coscienza di sé e del reale.
Questo libro si concentra sulla fotografia contemporanea analizzandola come documento, come messa in scena e come pratica di massa. Si propone, inoltre, di superare taluni limiti o barriere che hanno isolato sin dalla sua nascita la fotografia da altri mondi e discipline che pertengono lo spazio sociale, il campo dell’arte e della cultura in genere. A suo modo, intende restituire spessore all’immagine fotografica.
Nel testo utilizzo la parola immagine quasi in senso generico ma mi riferisco quasi sempre a un’immagine fotografica, quell’immagine cioè che – quantomeno apparentemente – mostra un forte legame descrittivo e/o spaziale col referente.
Quando utilizzo la parola linguaggio rimando invece a un modo di espressione cioè alla modalità comunicativa di cui un mezzo, così come una persona, dispone per trasmettere informazioni, per poter comunicare e comunicarsi. Aggiungo poi che secondo me non è necessaria una distinzione (a parte la pratica e la tecnica) fra la fotografia digitale e quella analogica. Il mio interesse è rivolto infatti soprattutto a considerare e individuare l’immagine fotografica come un luogo di emanazione: uno spazio di riflessioni, di scambio e relazioni dove ricercare (e trovare) differenti contenuti. Nei secoli ogni novità che ha investito la socialità è stata spesso accolta con sospetto o euforia e perciò identificata come demonio o come salvatore, ma secondo me occorre semmai focalizzarsi sulle ragioni della nascita e sulla portata sociale del nuovo evento.
Questo lavoro è un invito a conoscere e a prendere coscienza del mezzo fotografico contemporaneo e ad allinearlo a quelle che ritengo siano le strade più idonee a contribuire a creare il mondo attraverso una forma di ecologia dell’immagine.
Ritengo che il vedere non sia solo uno dei sensi che l’essere umano ha a disposizione ma, se lo intendiamo nel significato di intendere il visibile, sia in tutto e per tutto uno strumento critico che dipende dalla cultura e dall’educazione che ogni individuo riceve. Spero infine che le parole spese in queste pagine possano stimolare riflessioni e approfondimenti sulla cultura visuale e che questa possa divenire parte integrante ed evolutiva di un processo partecipato e consapevole che possa dare luogo a una nuova generazione del mondo.
Ma cosa è davvero questa battaglia, è davvero possibile porla in essere, è necessaria? Può essere una battaglia già persa in partenza?
Come ho scritto nel capitolo numero sei, battaglia è un termine che ho adottato per indicare una forma di contrasto, un’opposizione viva fra due fazioni contrapposte che nel capitolo precedente erano appunto rappresentate dal sistema degli apparati e dal mondo della vita. In una battaglia chi partecipa ad un conflitto dovrebbe aver ben chiaro che si oppone, si avversa a qualcosa o a qualcuno.
Sebbene questa individuazione non sia sempre semplice, ciò che vorrei evocare nel lettore è, in primo luogo, l’immagine, una specie di idea che si traduca nella chiarezza di aver preso una posizione. È necessario cioè situarsi precisamente in modo da mostrare senza indugio, con chiarezza al proprio avversario quale campo si sta occupando.
Ma si capisce quanto tutto ciò sia veramente difficile specie poi quando si tratta di battaglia fra immagini che, proprio per la loro natura, vivono e appaiono fra interpretazioni, concetti e ambiguità.
Occorre creare canali atarattici dove si attenuano le pressioni iconiche dei sistemi degli apparati, vie per fare proliferare immagini imperturbabili, foriere di consapevolezza.
Battaglia significa anche dire come si vedono, credono, pensano le cose del mondo: significa essere coerenti, significa voler alimentare l’intelligenza dell’uomo per scopi che sono distanti da finalità che si possono ricondurre in via generale a forme di potere, alla speculazione, alla furberia, agli algortimi, all’adulazione del pensiero delle macchine. Tutta questa attività io credo si possa fare con le immagini.